In natura, i colori vivaci segnalano veleno.
🐍 Rosso, giallo, nero: è il linguaggio dell’aposematismo. Gli animali tossici “urlano” con il colore: «Non toccarmi, sono letale».
Un avvertimento visivo perfetto. Impossibile da ignorare.
Eppure il colore può anche curare.
Nel Salento del passato, le donne “morso dalla taranta” entravano in crisi psicomotorie, percepite come isteria, possessione, disperazione.
Ma c’era un rituale. E in quel rituale, il colore era tutto.
🕷️ Durante la pizzica terapeutica, i parenti agitavano intorno alla tarantata delle Zàccareddhre: nastri colorati legati ai tamburelli, come provocazioni visive.
La donna reagiva in modo violento al colore associato al trauma.
Lo riconosceva con il corpo. Lo odiava.
E quando quel colore veniva individuato, la zagareddhra veniva strappata, ridotta in brandelli, gettata via.
Quel gesto simbolico era la “morte” della taranta.
🔴 Il veleno si riconosce. Si danza. Si distrugge. Si guarisce.

📘 Cosa ci insegna questo?
Che il colore non è solo una scelta estetica.
È un codice visivo ancestrale. Può sedurre, respingere, disturbare, liberare.
💡 Come designer, comunicatori, educatori, dovremmo ricordarci che i colori non parlano solo ai nostri occhi. Parlano anche ai nostri istinti.

💬 Hai mai pensato al colore come a qualcosa da cui proteggersi?
O come a un veleno che diventa cura?
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